domenica 9 marzo 2008

Le attività marinare nei Campi Flegrei

I mutamenti socioeconomici e l’urbanizzazione, uniti ai cambiamenti dei modi di vita sono le cause principali che modificano in poco tempo il rapporto con il proprio passato rendendo anacronistici usanze e costumi della generazione appena precedente.
Ciò è accaduto nelle attività marinare puteolane. Molti ricordano ancora la darsena e le strade del porto occupate dalle donne impegnate nella realizzazione delle reti. Il lavoro pagato non a giornata ma a “rezza fernuta”, veniva svolto nella stagione invernale.
Le donne procedevano all’indietro servendosi di due sedie, una per sedersi l’altra per mantenere tesa la parte della rete già cucita.

Archivio storico Studio Numero Uno fotografie Pozzuoli

Gli attrezzi usati erano soltanto due: “la cucella” e il “cannuolo” o “mesurella” (un pezzetto di legno o di canna che determinava la larghezza. della maglia. Sullo “stramazzuolo” superiore erano inseriti sugheri circolari (bucati al centro con un ferro rovente) detti “cuortici” perché ricavati dalla corteccia di pino; sullo “stramazzuolo inferiore” erano fissati , spesso con i denti, i “chiummi” (pezzi di piombo), la rete fatta di cotone, quindi fragile, aveva bisogno di continua manutenzione che veniva eseguita quotidianamente dal pescatore stesso, il quale tendeva con l’alluce lo squarcio che “sarciva” (-ricuciva- con l’ausilio della cucella). Ogni dieci, quindici giorni la rete veniva messa nella “tenta” (tintura ricavata da pezzi di corteccia di pino messi in grosse pentole a bollire) Ciò per non renderla visibile al pesce. Fino agli anni cinquanta la pesca, anche se il numero dei pescatori era ridotto rispetto al totale della popolazione puteolana, rappresentava un’attività trainante poiché coinvolgeva molti artigiani: maestri d’ascia, falegnami, velai, fabbri, spagai, cestai.


(Ringrazio vivamente il Prof. Giuliano Pollio per il materiale informativo gentilmente offertomi).

Umberto Postiglione

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